BUONFIGLIO (AGCI-AGRITAL), LA POSSIBILITA’ DI SOPRAVVIVENZA DELLO STRASCICO ITALIANO E’ APPESA AL FILO DI UNA RAGNATELA FATTA DI “SE”

di Letizia Martirano

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Stretta tra emergenze ambientali, conseguenze del cambiamento climatico, problemi di mercato e concorrenze sleali, difficoltà economiche delle imprese dovute all’aumento dei costi da un lato e alla riduzione forzata delle attività dall’altro, la “spina dorsale della pesca nazionale” rappresentata dallo strascico – il comparto che rifornisce la gran parte del prodotto che passa per i nostri mercati ittici – fatica già da anni a rimanere dritta e a far quadrare i conti. Lo ricorda in questa intervista il presidente di Agci-Agrital Giampaolo Buonfiglio molto preoccupato per cio’ che accadra’ al prossimo consiglio Agrifish del 9 e 10 dicembre.

Su quali elementi concreti si basa la sua preoccupazione?

Se l’agricoltura, come qualcuno afferma, si trova di fronte a un bivio in cui scegliere la direzione da prendere dando le giuste priorità alle esigenze del settore, la pesca io credo si trovi sull’orlo di un baratro in cui rischia di precipitare fra pochi giorni, ed esattamente in occasione del prossimo Consiglio Agrifish. calendarizzato il 9 e 10 Dicembre.

Perche’ descrive uno scenario cosi’ drammatico?

E’ uno scenario fatto di difficoltà crescenti dovute in gran parte alle pesanti misure adottate dall’Unione europea in conseguenza della diagnosi fatta 6 o 7 anni fa del sovrasfruttamento degli stock ittici in Mediterraneo.

Qualcosa e’ cambiato sembra di capire….

Da allora, la situazione degli stock è decisamente migliorata, diversi sono ormai in equilibrio mentre altri vi si stanno avvicinando. Il che risulta dalle valutazioni relative al 2022-2023. Le piu’ recenti perche’ ci vogliono circa 2 anni per avere il risultato delle analisi dei dati raccolti. Nello stesso periodo il Mediterraneo ha registrato evidenti cambiamenti che hanno senza dubbio influenza sullo stato degli stock: mi riferisco all’innalzamento della temperatura, all’alterazione della produttività primaria alla base della catena trofica, ai cambiamenti nella biomassa di specie predatrici – in primis il tonno – ad alterazione dei rapporti preda-predatori, alle invasioni crescenti di specie aliene, ed altro ancora.

Bruxelles ne ha contezza?

No. Tutto questo pero’ non serve a modificare la rotta intrapresa dalla Commissione europea con il Regolamento per la gestione delle risorse demersali nel Mediterraneo occidentale, responsabile della riduzione del 40% dell’attività in mare in giorni annui consentiti per la pesca a strascico. A questa misura draconiana se ne sono, strada facendo, aggiunte altre, dalla massima cattura annua consentita per i gamberi di profondità ed i piccoli pelagici in Adriatico alle chiusure spazio temporali.

Sicche’?

Sicche’ la Commissione europea si presenta al Consiglio dei Ministri Agrifish di dicembre con ulteriori significative proposte di riduzione dello sforzo di pesca in Mediterraneo Occidentale. Misure si riverberano come per magia anche su Ionio e Adriatico via CGPM (Commissione Generale per la pesca nel Mediterraneo), sulla base di proposte di raccomandazioni vincolanti per gli Stati membri avanzate dalla Commissione stessa.

Su che presupposti si basa la proposta?

Sulla base della valutazione delle risorse ittiche esistenti in mare circa due anni fa – valutazioni effettuate per singolo stock, senza nessun approccio ecosistemico in grado di considerare le interazioni tra le specie e tutti gli altri fattori di cambiamento ambientale – e quindi senza conoscere il risultato delle misure attuate nei 5 anni appena trascorsi.

Che rappresenta, in concreto, la proposta della Commissione?

Ridurre nel 2025  di un ulteriore 38% la mortalità da pesca per lo stock di merluzzo nel Tirreno e Mar Ligure, sottraendo altri giorni di pesca a quelli massimi consentiti per il 2024; introdurre misure correttive di limiti di cattura anche per reti da posta e tramagli; per lo stesso stock ridurre del 25% lo sforzo di pesca dei palangari; ridurre di un ulteriore 18% la cattura massima del gambero viola e del 29% per il gambero rosso; trasporre nella legge europea ed attuare tutte le raccomandazioni adottate dall’ultima sessione della CGPM (Commissione Generale per la pesca nel Mediterraneo)-FAO, proposte dalla Commissione europea stessa e rigettate dal MASAF, tra cui  figura la riduzione del 5,2% dello sforzo di pesca dello strascico in Adriatico.

Come spiega questo modo di operare della Commissione?

Il cliché è sempre lo stesso: la Commissione si nasconde dietro non un dito, ma due. Le proposte vengono presentate come avanzate da comitati scientifici: lo STECF (Comitato scientifico tecnico ed economico per la pesca) governato dalla Commissione e SAC (Comitato consultivo scientifico) della CGPM (Commissione Generale per la pesca nel Mediterraneo)-FAO e i “Servizi della Commissione” – leggi DG Mare – li presentano come base di discussione – non costituendo la posizione ufficiale della Commissione – per il Working Party on Fisheries Policy, e quindi per il Consiglio dei Ministri.

Dov’e’ l’anomalia?

La più evidente anomalia, in questi frangenti, è che in realtà il meccanismo continua ad andare avanti e a produrre proposte e raccomandazioni vincolanti in assenza di un Commissario in carica, anzi sembra accelerando le procedure. Sicche’ l’Agrifish di dicembre si tiene a soli otto giorni dall’insediamento del nuovo commissario Costas Kadis.

Non c’e’ proprio nulla da fare?

Nulla sembra poter fermare il calendario della Dg Mare, e tantomeno quello di un organismo multilaterale come la CGPM (Commissione Generale per la pesca nel Mediterraneo) – in cui siedono i rappresentanti dei Governi -, ed è su questi inesorabili automatismi e rigidità burocratiche-procedurali che la strategia intrapresa dal governo italiano è apparsa tutta in salita, nonostante si basi su un principio semplice ed inoppugnabile: ristabilire il primato della politica – Ministri-Commissario – sui livelli tecnici, da cui provengono proposte e decisioni non necessariamente mediate tra le indicazioni di comitati scientifici cosiddetti indipendenti, i preconcetti, pregiudizi e strategie dei “servizi” e la stessa CE.

Come si comporta il ministro Lollobrigida?

Il Ministro Lollobrigida è ormai un veterano dei voti contrari a Bruxelles; ha votato no all’Agrifish di dicembre 2023 sulle opportunità di pesca 2024, alle modifiche del regolamento sui controlli (tra cui, le telecamere a bordo), al piano di azione del Commissario Sinkevičius. Voti negativi, sempre isolati, che gli hanno reso l’applauso e l’onore delle armi da parte di tutte le organizzazioni nazionali della pesca, ma che non hanno cambiato nulla nei risultati, a parte il Piano di Azione che, grazie alla mancata unanimità in Consiglio per il no italiano, non è diventato un atto vincolante per gli Stati membri, rimanendo solo un atto di indirizzo della precedente Commissione, anche se la DG Envi che continua ad impegnarsi sulla sua attuazione sembra non voglia prenderne atto.

Attualmente qual e’ l’orientamento del governo italiano?

Questa volta il nostro Ministro, alla luce dell’adozione della proposta di opportunità di pesca 2025 del 16 settembre, dell’allarme da questa suscitato nel settore, ed in vista della sessione CGPM (Commissione Generale per la pesca nel Mediterraneo) dove la Commissione avrebbe presentato le sue proposte di raccomandazioni, si è mosso prima dell’Agrifish, sia rigettando in blocco queste ultime sia stringendo un accordo con Francia e Spagna sulla richiesta di congelamento delle riduzioni dello sforzo di pesca, come auspicato da un documento inviato ai Ministri. Documento proposto dalle Associazioni italiane e sottoscritto da tutte le principali Associazioni dei tre Paesi a cui si è aggiunta la Croazia ed il sindacato europeo dei lavoratori ETF (European Transport Workers’ Federation). 

Qual e’ la prospettiva dell’accordo?

Occorrerà ora vedere se questo accordo si allargherà ad altri Stati membri arrivando alla costituzione di una “minoranza di blocco” in Consiglio, o se franerà, di fronte al muro burocratico-procedurale europeo in cui non sembra esistano congelamenti e moratorie, costringendo tutti gli Stati membri tra cui il più riottoso – l’Italia – a trattare per ridurre gli inevitabili danni.

Se tutto frana?

Qui casca l’asino, o meglio, muore l’asino già gravemente azzoppato. Perché, per quanto sia valente ed efficace il negoziatore italiano, partendo dalle condizioni alle quali siamo arrivati alla fine del quinquennio appena trascorso, anche la metà o una frazione ancora più bassa delle ulteriori riduzioni dello sforzo di pesca poste sul tavolo della discussione sarebbero esiziali per moltissime imprese. Per Bruxelles evidentemente la sostenibilità economica delle imprese, il break even point, i bilanci di esercizio annuali, sono tutti concetti astratti senza riscontri nella realtà. L’economia è, secondo qualche genio comunitario, una variabile indipendente che si può aggiustare in qualche modo in qualsiasi situazione, anche tagliando del 50-60% l’attività produttiva mantenendo i costi fissi per 365 giorni all’anno.

Dov’e’ l’errore?

Con un sistema di valutazione discutibile ed in ritardo tecnico di due anni rispetto all’oggi, la Commissione, o meglio i servizi della Commissione, si rifiutano di accettare il fatto che la terapia intrapresa con la riduzione significativa dell’attività, e delle capacità – leggi demolizioni di pescherecci – non solo non ha risolto come sperato la situazione degli stock in mare, ma invece di modificarla sta uccidendo la pesca. Un fallimento istituzionale nella gestione della pesca in Mediterraneo.  E ciò anche in presenza di alternative credibili e scientificamente studiate che potrebbero evitare il crash del settore attraverso una espansione del meccanismo di compensazione adottato da qualche anno, con la riduzione della “pena” a fronte di comportamenti, innovazioni e modelli gestionali virtuosi. 

Quale valutazione fa della situazione?

Di massima incertezza. La possibilità di sopravvivenza del comparto dello strascico italiano e’ appesa al filo di una ragnatela fatta di “se”. Se gli Stati membri riusciranno a organizzare una minoranza di blocco; se la Commissione aprirà ad una maggiore flessibilità;  se prendera’ in considerazione soluzioni alternative e quindi abbandonera’ la cieca strategia della riduzione dei giorni annui di pesca; se la pesca italiana sarà capace di adottare innovazioni tecniche e nuovi modelli di gestione tanto validi da poter essere considerati sostitutivi delle proposte della Commissione, abbandonando a sua volta la storica tendenza alla difesa dello status quo.

Se tutto cio’ accadra’?

Se sopravviveremo, potremo continuare a lavorare sulle varie, serie, malattie che affliggono il settore, dall’emergenza del ricambio generazionale alla stabilizzazione degli ammortizzatori sociali, alla transizione ecologica-energetica, ai vari dossier irrisolti che nell’insieme rendono la pesca un settore a rischio di estinzione da cui si registra un vero e proprio esodo, come dimostrano anche le oltre 1000 domande di ritiro definitivo di pescherecci recentemente presentate al MASAF, praticamente 1/3 della flotta nazionale dello strascico.