MERCURI (ALLEANZA COOPERATIVE), BELLANOVA HA MANTENUTO IMPEGNI, ORA ASPETTIAMO GLI ALTRI MINISTRI

di Letizia Martirano

“La regolarizzazione degli invisibili è una misura che ci consente, nella prossima vendemmia, qualche lavoratore in più perciò e’ una misura positiva oltre al fatto, naturalmente, che mette in regola persone presenti sul territorio nazionale. Rimane, comunque, irrisolto il problema della manodopera agricola. La ministra Bellanova ha mantenuto il suo impegno ora ci aspettiamo che gli altri ministri mantengano i loro. Attendiamo che il ministro del lavoro consenta agli italiani con il reddito di cittadinanza di lavorare in agricoltura e  speriamo che altri ministri si attivino sul tema dei corridoi verdi, affinché per lavoratori rumeni, o bulgari o indiani o di altre nazionalita’ ci siano regole precise in materia di quarantena”, fa notare, all’indomani del varo decreto legge “Rilancio”, Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza cooperative agroalimentari che, sottolinea con orgoglio, associa 5.000 imprese cooperative con un fatturato che supera i 35 miliardi di euro, il 25% di tutto il fatturato agroalimentare made in Italy. 

Qual è la sua posizione nel dibattito sulla carenza di manodopera? E come giudica l’accordo raggiunto oggi sulla regolarizzazione?

La regolarizzazione non risolve i problemi della manodopera. Siamo stati i primi a segnalare alla politica quanto fosse grave il problema della carenza di manodopera. Non ci siamo limitati a porre la questione, abbiamo anche proposto soluzioni: maggiore flessibilità del sistema dei voucher, la possibilità di utilizzare forze lavoro di comparti fermi, dalla ristorazione al turismo, per svolgere lavori stagionali di raccolta, la possibilità di lavorare anche ai percettori di reddito di cittadinanza. Su nessuna di queste proposte – che abbiamo ripetutamente presentato al tavolo di confronto dei diversi ministeri – abbiamo finora ricevuto risposte.

Come ha affrontato l’emergenza Covid19 il comparto agroalimentare?

Io credo che la filiera agroalimentare abbia dato una grande prova di sé. All’inizio dell’emergenza abbiamo assistito ad una vera e propria corsa verso gli acquisti di cibo. Una reazione comprensibile, quasi emotiva, che ha coinvolto milioni e milioni di cittadini non solo in tutta Italia ma anche in tante altre parti del mondo. Abbiamo visto tutti le immagini di cittadini che si mettevano in fila dalle prime ore della mattina per fare la spesa al supermercato. Ecco, ora che in qualche modo ci siamo lasciati alle spalle (speriamo per sempre) il lockdown, se c’è una considerazione da fare è che il comparto agroalimentare nazionale ha retto e non ha fatto mancare cibo sugli scaffali. Non solo le aziende agricole, ma tutte le imprese di trasformazione e lavorazione dei prodotti, i magazzini di confezionamento, per non parlare della logistica e della distribuzione, hanno continuato a lavorare senza sosta, pur dovendo fare i conti con rallentamenti nelle liee produttive ed inevitabili aumenti dei costi del lavoro. Ciò vuol dire che dobbiamo essere orgogliosi del nostro sistema alimentare, un comparto che ha uno straordinario valore economico e sociale.

I consumi degli italiani sono cambiati in meglio o in peggio?

Sempre rimanendo alle prime settimane, sul fronte dei consumi domestici, c’è stata la riscoperta di prodotti come pane, farina, pelati, pasta, ecc. che sono andati letteralmente a ruba e che negli ultimi tempi avevano conosciuto purtroppo un calo dei consumi. Non solo, c’è anche un’altra considerazione da fare. Migliaia di famiglie, con la chiusura di scuole e uffici, hanno consumato tantissimi pranzi e cene a casa, molto di più di come erano abituati. Si è quindi prestata maggiore attenzione e più cura nella scelta dei prodotti da acquistare, credo si sia rivalutato proprio l’aspetto educativo delle scelte di consumo in materia di cibo.

Qual è stato l’impatto del covid19 sulle cooperative e in generale sul comparto? Quali i settori più colpiti?

Se è vero come ho detto prima, che il comparto nel suo complesso ha tenuto, ciò non vuol dire che le aziende alimentari non abbiano sofferto. Quelle che erano strutturate per essere presenti su più canali, la grande distribuzione, l’export, l’online, hanno resistito meglio. Anzi nelle prime settimane c’è stato un aumento degli ordinativi di alcuni beni di largo consumo nella grande distribuzione che poi si è andato via via regolarizzando. Certo la chiusura di bar alberghi e ristoranti ha causato perdite importanti di fatturato. Pensiamo al latte fresco e ai succhi di frutta nei bar, cosi come al vino, ai prosciutti, ai formaggi, all’olio che hanno avuti cali pesantissimi a causa della chiusura di migliaia di ristoranti alberghi e agriturismi in tutta la penisola. E non dimentichiamo il florovivaismo, che ha avuto perdite ingenti a causa dell’impossibilità di organizzare cerimonie, matrimoni ed eventi. Anche l’azzeramento del turismo ha causato un duro colpo al made in Italy, alle tante piccole e grandi aziende agricole che vendono i loro prodotti a visitatori che arrivano nel nostro paese. In generale possiamo dire che le aziende che avevano una presenza su più canali hanno sofferto meno, chi invece aveva una forte presenza nel canale dell’horeca adesso vive adesso una situazione di grossa difficoltà che non sarà superata in breve tempo.

Però ci sono state aziende che non hanno mai smesso di lavorare?

È vero, a differenza di altri comparti le aziende alimentari hanno continuato a lavorare, ma non possiamo certo pensare, come pure si potrebbe essere indotti a credere, che abbiamo avuto guadagni significativi. Va considerato che tutte le aziende alimentari hanno avuto spese aggiuntive per via della situazione creata dalla pandemia. Il rispetto delle nuove disposizioni per la sicurezza, il distanziamento delle persone, il rallentamento di alcuni cicli produttivi, e altro hanno comportato un incremento generale dei costi, dovuto anche alle difficoltà nei trasporti e ai rallentamenti in fase di logistica. 

La grande distribuzione sembra essere il settore meno toccato: è così?

Le insegne della gdo hanno avuto aumenti significati delle vendite, specie nei mesi di marzo e aprile. Si è detto anche che, a causa della difficoltà di reperimento di alcune merci e per le difficoltà logistiche, i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati. È vero. Credo che i consumatori abbiano di fatto speso qualcosa in più,  ma ciò si spiega anche con la diminuzione delle promozioni molto ambite dai consumatori. Ma non dimentichiamo che ogni pratica di “sotto-prezzo” e’ sempre a scapito dei produttori. La verità quindi è che in queste settimane abbiamo acquistato i prodotti alimentari ad un prezzo giusto. Ma, mangiando a casa, complessivamente si spende di meno…

Le vostre cooperative sono tra le piu’ attive nell’export, specie nel comparto dei vini e dei formaggi. Avvertite già ricadute negative?

Io ritengo che nel medio-lungo termine assisteremo a qualche ricaduta negativa anche dell’ordine del 10%, che potrebbe durare qualche mese o anno. Va considerato che bar, locali e ristoranti sono chiusi anche in tantissime altre parti del mondo: pensiamo ad esempio agli Stati Uniti, dove sono migliaia i ristoranti che promuovono l’eccellenza italiana, conosciuta ed apprezzata anche in molte altre parti del mondo. Dovremo rassegnarci a qualche segno negativo a fine anno. E’ inevitabile che accada. Pero’ non dobbiamo preoccuparci ma investire più risorse sulla promozione.

Gli interventi del governo le sembrano realmente efficaci?

Ci aspettavamo più risorse, per dare maggiore liquidità alle imprese. In generale posso dire che le nostre imprese auspicano interventi che siano improntati alla massima semplificazione burocratica. C’è tanto bisogno di snellire le procedure, specie in questa fase di emergenza, per consentire al nostro paese di poter dare più slancio alla ripartenza economica.

Cosa avreste voluto?

Che il governo avesse messo più attenzione alla filiera agroalimentare che, come ho già detto, ha meglio risposto alla crisi Covid19. La filiera cooperativa non può essere considerata paragonabile alle altre imprese per numerosi motivi anche di tipo societario. Ad esempio per quanto riguarda la liquidità, alcune nostre imprese hanno difficoltà ad essere garantite attraverso il Fondo di garanzia per le PMI a causa del codice Ateco. Per questo abbiamo proposto soluzioni ad hoc per le imprese cooperative agricole, che consentano loro di poter rivalutare i beni mobili ed immobili, fino alla concorrenza di parte delle perdite dei periodi precedenti computabili in diminuzione del reddito, senza assolvere l’imposta sostituiva.  Inoltre abbiamo chiesto di aprire una discussione seria sulla la possibilità di intervento di Enti nel capitale sociale delle cooperative, eventualmente in partnership con fondi privati, attraverso l’emissione di strumenti finanziari specifici ovvero entrando nella compagine sociale quale socio sovventore.