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di Letizia Martirano
L’assassinio di Giulia Cecchettin, ultimo di una serie di femminicidi è il punto di partenza di questa intervista a due voci al segretario generale della Uila-Uil Stefano Mantegazza e a Raffaella Sette responsabile Uila per le politiche di genere, dalla quale emerge l’impegno del sindacato per contrastare anche nei luoghi di lavoro un fenomeno spaventoso.
Quest’anno il 25 novembre, “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, coincide con l’assassinio di Giulia Cecchettin neppure l’ultimo di una serie infinita. Partiamo da qui?
Sette. Si. Mentre celebriamo questa giornata il contatore dei femminicidi cresce: con Giulia sono 106 le donne uccise da inizio anno per mano di uomini, quasi sempre in ambito familiare o affettivo. Purtroppo, la piaga del femminicidio è stabile negli anni ed è una realtà che riguarda tutti i paesi europei che sono spesso più femminicidi dell’Italia, come Francia e Germania. Numeri ai quali bisogna aggiungere i casi di maltrattamenti, violenza sessuale e stalking.
Avverte anche lei una certa ritrosia maschile su questo tema?
Sette. Qualche anno fa il silenzio era più forte. Oggi ci rivolgiamo agli uomini chiedendo di essere complici delle donne nel fermare quel contatore perché il silenzio aiuta il carnefice, mai la vittima; dobbiamo chiedere agli uomini, quelli con cui viviamo o lavoriamo, quelli che cresciamo, di fare con noi una grande battaglia culturale per sconfiggere questa piaga.
Segretario Mantegazza si sente chiamato in causa?
Voglio, innanzitutto, rivolgere un pensiero a Giulia, alla sua famiglia e alla giovane e arrabbiata sorella che è stata oggetto di polemiche vergognose; sono profondamente colpito, mi sento molto vicino a loro ed è anche per rompere quel silenzio di cui parlavate che sono qui. Detto questo, come spiegava Raffaella, le violenze, nella maggior parte dei casi, avvengono dentro le mura domestiche e molto spesso le donne non denunciano questi reati, per vergogna, per il rifiuto di accettare una realtà scomoda, per senso di protezione nei confronti dei figli. Sicuramente occorre intervenire per cambiare la situazione. Io le posso raccontare quello che ha fatto la Uila in tanti anni e cosa chiediamo alla politica, al governo.
Andiamo con ordine, partiamo dal mondo del lavoro. Che dati avete?
Mantegazza. La violenza sulle donne si presenta anche sotto forma di discriminazione sul luogo di lavoro, attraverso azioni e comportamenti che pongono la lavoratrice in una posizione di ingiusto svantaggio rispetto ai colleghi uomini, sotto il profilo economico o attraverso la molestia, con lo scopo di violare la dignità della donna lavoratrice e di creare un clima intimidatorio e degradante per emarginarla, sminuirne professionalità e capacità e, dunque, discriminarla.
Sette. Con il progetto “DiversaMenteUila” (2019-2020) la nostra organizzazione, grazie all’impegno del coordinamento nazionale pari opportunità della Uila, ha indagato bisogni e difficoltà del lavoro nel settore agroalimentare su diversi argomenti, tra cui il tema della violenza e molestie. Dalle nostre interviste è emerso come questo problema sia più sentito e riguardi maggiormente le donne che gli uomini. Molte donne mostrano ritrosia ad affrontare queste questioni, non si sbilanciano per paura e parlano spesso in terza persona, tra le immigrate molte parlano e praticano l’antico adagio “i panni sporchi si lavano in famiglia”. È emersa poi una forte richiesta di aiuto psicologico e legale oltreché di ascolto, così come la consapevolezza che, senza investimenti in infrastrutture sociali, non sarà possibile sostenere l’occupazione femminile e favorire così, una maggiore indipendenza economica delle donne, presupposto indispensabile per accrescere il loro senso di autostima e per sentirsi più libere di condurre la propria vita e più forti nel decidere di abbandonare situazioni di rischio.
Il contrasto della violenza sulle donne è presente nei contratti di lavoro che firmate?
Mantegazza. Nella contrattazione, sia alimentare che agricola, di cui siamo protagonisti, abbiamo introdotto numerose norme di contrasto alla violenza di genere e al mobbing: campagne di informazione e sensibilizzazione, formazione, estensione fino a tre mesi, oltre quanto previsto dalla legge, del periodo di congedo per le donne vittime di violenza, possibilità di trasferimento presso altre unità produttive dell’azienda. Norme entrate di diritto in tutti i contratti rinnovati e temi presenti su tutti i tavoli negoziali.
L’Ente bilaterale agricolo nazionale (Eban) riconosce alle donne lavoratici vittime di violenza il diritto a una indennità aggiuntiva per tre mesi oltre quelli indennizzati dall’INPS. Nel settore alimentare, l’ente bilaterale EBS ha deciso di sostenere, anche economicamente, le vittime di questi comportamenti inaccettabili e di dare più forza a quanto già stabilito nel contratto nazionale.
Sette. Con lo strumento della contrattazione possiamo diffondere nei luoghi di lavoro e nel territorio un messaggio forte di contrasto alla violenza di genere, per trovare soluzioni normative, insieme alle aziende, che possano sostenere e tutelare le donne violate nella propria integrità fisica e psicologica. Sarà una goccia nell’oceano ma se veramente ognuno di noi facesse qualcosa, forse riusciremo tutti insieme a invertire la rotta. Come organizzazione sindacale possiamo promuovere il coraggio a denunciare e la consapevolezza che serve un supporto adeguato a sostegno delle donne.
Cosa potrebbe fare il governo?
Sette. Il governo, la politica, devono punire gli uomini che compiono questi orrori e al tempo stesso garantire maggiore protezione e sostegno alle donne costrette, in situazioni di pericolo, a cercare rifugio nelle strutture dedicate, lasciando la propria abitazione. Le parole da cui cominciare sono due: prevenzione, educazione. Ben venga, quindi, il piano proposto dal Ministro Valditara per l’educazione affettiva e sessuale nelle scuole. Alcuni paesi europei si sono già adeguati a queste indicazioni dell’ONU, attivando dei programmi specifici. Ora lo farà anche l’Italia… meglio tardi che mai! Inoltre, la finanziaria sembra voler destinare 6 milioni al Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza, istituito nel 2020. È una notizia che sicuramente apprezziamo.
Mantegazza. Il Ddl femminicidio, appena approvato, sembra andare nella giusta direzione: rafforza la normativa vigente (“Codice Rosso”) e gli strumenti di prevenzione (ammonimento, braccialetto elettronico, distanza minima di avvicinamento, vigilanza dinamica eccetera.); prevede nuove regole per favorire la specializzazione sul campo dei magistrati e la formazione specifica dei diversi operatori coinvolti. Se le donne non denunciano le violenze, così come le vittime del lavoro nero in agricoltura, è perché non si sentono sicure a farlo e non hanno garanzie di tutela. Mi auguro che, in futuro per esempio, nei posti di polizia le donne possano denunciare le violenze subite, non più a un uomo ma a una donna… Sarebbe sicuramente un ottimo incentivo.
L’Italia ha ratificato, il 29 ottobre la Convenzione ILO C 190 sulla eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro. Cosa comporta per il sindacato?
Mantegazza. È una Convenzione molto importante ed è ancor più importante che l’Italia l’abbia ratificata, assumendosi, così, la responsabilità di rispettarla, promuoverla e attuarla.
Ratificando la Convenzione, l’Italia si è impegnata ad adottare leggi che proibiscano la violenza e le molestie sul lavoro e di genere e che richiedano ai datori di lavoro di prendere misure adeguate e di definire, insieme ai sindacati, una politica aziendale in materia; si è impegnata anche ad adottare misure adeguate anche al fine di garantire l’accesso a meccanismi di ricorso e di risarcimento. Ma la cosa forse più importante per il sindacato è che, sebbene i destinatari della Convenzione siano gli Stati, ci sono numerosi rinvii al ruolo dei sindacati nella definizione di misure nazionali adeguate in materia, anche attraverso la contrattazione collettiva. La Convenzione stabilisce infatti che essa deve applicarsi sia attraverso leggi e regolamenti nazionali, come pure tramite contratti collettivi.
Sette. Anche dalla Convenzione C 190 traspare il principio che la lotta contro la violenza e le discriminazioni di genere sia un obbligo morale e un impegno concreto che tutti devono assumersi. Sono convinta che la promozione di una cultura del rispetto sia la strada da seguire e che, oggi più che mai, sia indispensabile parlare alle nuove generazioni per spiegare quale deve essere la corretta relazione tra i generi e che la donna non è un oggetto da possedere. Nel mondo dei social che corre veloce è importante fermarsi a parlare e capire che il femminicidio non è un destino segnato ma la conseguenza di scelte violente degli uomini.