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di Letizia Martirano
Tra i tanti temi di vita quotidiana scomparsi o mai apparsi nella campagna elettorale c’è quello complesso che riguarda l’agricoltura. Lo nota con garbo e un certo rammarico il nuovo presidente della Cia-agricoltori italiani Cristiano FINI durante una chiacchierata avvenuta, nel suo ufficio di Roma, in questi giorni.
Pacato, diplomatico e riflessivo il presidente torna, pero’, più volte sulle preoccupazioni degli agricoltori di cui si fa interprete: i prossimi mesi, avverte, saranno difficilissimi per l’effetto combinato dell’inflazione e del caro energia con il progressivo aumento dei prezzi, e del maltempo fatto di piogge torrenziali, venti distruttivi e siccità nonche’ di scelte comunitarie non sempre coerenti con le dichiarazioni sulla sicurezza alimentare.
Il caro energia colpisce anche l’agricoltura piuttosto duramente cosa può fare il governo che verrà per alleviare la situazione?
È necessario il credito di imposta per il gasolio agricolo, incluso quello per il riscaldamento delle colture in serra per l’annata agraria 2022-2023. Inoltre sono necessari incentivi fiscali per sostenere l’acquisto di altri fattori produttivi, quali mangimi, fertilizzanti, sementi e piantine. Infine l’Unione Europea deve autorizzare le imprese agricole a immettere in rete energia elettrica prodotta con il fotovoltaico oltre i propri livelli di auto consumo.
Cosa vorrebbe la sua organizzazione, al di là della gestione delle criticità derivanti dalla crisi, che facesse, preliminarmente, e il nuovo governo?
Auspico un Piano strategico per l’agricoltura perché ritengo necessaria una strategia per le filiere strategiche e per la lotta alla crisi climatica ben definita, condivisa tra ministero delle politiche agricole, regioni, associazioni. Il precedente tentativo con gli Stati Generali dell’agricoltura che risale al 2011 e che fu, secondo me, un fallimento.
Come descrive la situazione attuale tra gli agricoltori?
C’e tanta preoccupazione e molto sconforto, perché nelle campagne non abbiamo mai vissuto tante difficoltà contemporaneamente. Servono interventi urgenti e strutturali, per evitare il tracollo del settore.
Tutte le filiere sono nella stessa condizione?
Non tutte le filiere sono state colpite nello stesso modo, purtroppo però la marginalità di queste filiere viene erosa dall’aumento esponenziale dei costi di produzione.
Cosa preoccupa la Cia sul fronte del lavoro?
Il decreto flussi non funziona e non è chiaro ne’ il motivo ne’ le responsabilità, fatto sta che la carenza di manodopera e’ un bel problema. Alla politica, ora impegnata nella campagna elettorale, chiediamo – come si evince dalle proposte che abbiamo consegnato alle forze politiche nelle scorse settimane – semplificazione e maggiore flessibilità degli strumenti per la reperibilità della manodopera agricola, anche attraverso sistemi digitali che garantiscano la trasparenza.
Cosa pensa della drammatica questione della fauna selvatica?
Mi preoccupa molto la gestione della situazione. Mi fanno pensare le lentezze e le resistenze a affrontare il problema che non è creato solo dai cinghiali ma da una miriade di altri animali selvatici danneggia gli agricoltori. Chiediamo un commissario straordinario a palazzo Chigi con pieni poteri e il coordinamento di una cabina di regia regionale nonché il superamento del de minimis per gli indennizzi.
L’altro fronte e’ quello climatico, cosa dovrebbe fare il governo che si insedierà?
Vogliamo l’esonero dei contributi previdenziali e il credito agevolato per le imprese dei territori per cui è stato dichiarato lo stato di emergenza e riteniamo necessaria l’immediata ristrutturazione della rete dei canali e della rete idropotabile dando inoltre concretezza al progetto di piccoli invasi e laghetti con tempistiche certe e procedure semplificate.
Lei produce uva per la più grande cantina cooperativa italiana cosa teme oggi un agricoltore?
Più che dei prezzi che salgono il vero problema è la produttività dell’azienda a rischio per una combinazione di fattori che, come dicevo, comprendono le scelte dell’Unione Europea su fronte della riduzione dei fitofarmaci e delle emissioni di CO2. Inoltre – lo chiediamo esplicitamente nel documento per le elezioni – temiamo il Nutri Score o comunque tutto ciò che colpisce il made in Italy.
Il PNRR è a rischio secondo lei dopo le dimissioni del governo DRAGHI?
E’ più che necessario portare a compimento le riforme previste per ricevere in tempi stabiliti le risorse del Pnrr e semplificarne le procedure. Il che serve, fra l’altro, anche per realizzare ciò che la Cia va chiedendo da tempo per migliorare la situazione nelle aree interne per renderle sostenibili sul piano economico, sociale e ambientale.