MAMMUCARI (UILA), SU ALCUNI TEMI IL GOVERNO CI HA ASCOLTATO MA LA STRADA PER RISOLVERE I PROBLEMI DEL SETTORE E’ ANCORA LUNGA

Di Letizia Martirano

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Questa intervista, frutto di un lungo e proficuo colloquio, è la prima che la segretaria generale della Uila-Uil Enrica Mammucari concede a Agra Press dopo la sua elezione ai vertici del sindacato agroalimentare nell’aprile scorso, quando ha raccolto il testimone da Stefano Mantegazza. La segretaria generale non manca certo di pragmatismo ma lo declina con una passione, una finezza culturale e un trasporto che lei stessa ascrive al suo essere donna. Un modo di essere che esprime in maniera esplicita e diretta anche rispetto ai rapporti con Fai-Cisl e Flai-Cgil, quando dice “per me l’unitarietà è un valore, non una sudditanza”. Dunque, per lei, è necessario “esercitare l’unitarietà nella libertà”. La prospettiva sulla quale Mammucari intende muoversi è quella di un sindacato che sia radicato sempre più a livello territoriale perché – spiega – è il territorio il punto di partenza dell’azione sindacale della Uila. I temi che abbiamo toccato sono stati molteplici ma, per ovvie ragioni, siamo partite dall’imminente G7 agricoltura a Ortigia dove, nell’ambito di Divinazione, l’expo che precede il vertice dei ministri, è previsto un Panel dedicato alla sicurezza sul lavoro e al caporalato, promosso dal ministro Lollobrigida, al quale parteciperanno anche il ministro del lavoro Calderone, i vertici di Inps e Inail e le organizzazioni sindacali.


Come giudica l’azione di governo e nello specifico dai ministri dell’Agricoltura e del Lavoro a due anni dal loro insediamento?

Sul versante del lavoro agricolo dipendente abbiamo portato a casa alcuni risultati importanti ma ancora insufficienti rispetto ai problemi che le persone vivono tutti i giorni. È positiva l’attuazione della norma comunitaria sulla condizionalità sociale che prevede la riduzione e, in alcuni casi, la sospensione dei premi Pac per le aziende che non rispettano i contratti e le norme su salute e sicurezza sul lavoro.
Il percorso era già iniziato con il ministro Patuanelli ma è stato perfezionato da Lollobrigida con un decreto che ha introdotto la sospensione totale dei premi PAC in caso di violazione della legge 199/2016 sul caporalato. Un altro provvedimento, introdotto dalla legge di bilancio 2023, è stato il superamento dei voucher cartacei, sostituiti dal contratto di lavoro occasionale a tempo determinato che garantisce ai lavoratori tutti i diritti stabiliti dalla contrattazione collettiva, togliendo così qualsiasi alibi alle aziende che, con questa modalità, possono assumere dei lavoratori anche per una sola giornata. Ancora, in occasione dell’alluvione dell’Emilia-Romagna, nel 2023, il governo ci ha ascoltato, introducendo il nuovo strumento dell’ammortizzatore emergenziale unico e riconoscendo a tutti i lavoratori, per la prima volta anche a quelli stagionali, una indennità di sostegno al reddito per le giornate di lavoro perse a causa di una calamità naturale.

E sul tema della lotta al caporalato?

Per sconfiggere il caporalato sono necessarie una serie di scelte sinergiche. Elenco le più importanti: servono più controlli, con l’utilizzo e l’incrocio delle banche dati e più ispettori con una formazione adeguata; occorre che quando si fanno le ispezioni e si riscontrano irregolarità venga emessa la diffida accertativa per permettere ai lavoratori di recuperare il furto salariale; è necessaria una protezione speciale per gli immigrati vittime di sfruttamento affinché possano ricevere le tutele loro dovute, così come prevede la Convenzione 129 dell’OIL che il nostro paese ha ratificato ma non ha ancora applicato correttamente, ricevendo per questo un rimprovero dalla stessa Organizzazione internazionale del lavoro. È poi necessario dare piena attuazione alla legge 199, in particolare per quanto riguarda il funzionamento delle sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità e applicare con rigore la condizionalità sociale per i premi PAC. Dopo la tragica vicenda di Latina, costata la vita al povero Satnam Singh, qualcosa si è mosso. Il “decreto agricoltura”, varato a luglio, ha introdotto importanti novità: la possibilità di incrociare i dati di INPS, INAIL, INL, AGEA e ISTAT per capire, ad esempio, il rapporto tra numero di ettari e di lavoratori utile a definire i cosiddetti indici di congruità e, di conseguenza, per orientare meglio le attività ispettive. Per contrastare il fenomeno delle “aziende senza terra” è stato inoltre istituito un registro delle aziende appaltatrici in agricoltura e, soprattutto, l’obbligo per queste di sottoscrivere una polizza fideiussoria a garanzia delle prestazioni retributive e contributive dovute ai lavoratori. Sono tutte misure, a partire dall’attuazione della legge 199, che il sindacato chiedeva da molti anni e che ora vanno attuate e con urgenza e, soprattutto, coinvolgendo pienamente le parti sociali. Noi siamo convinti che l’agricoltura debba fare un salto di qualità, soprattutto in termini di trasparenza del lavoro. Per farlo è necessario che anche le parti datoriali si schierino con noi; la strada da percorrere è ancora lunga ma noi continueremo a pressare il governo per ottenere i cambiamenti necessari.

Come può essere migliorato l’incontro tra domanda e offerta di lavoro?

Come dicevo prima, dando piena attuazione alla legge 199, in particolare per quanto riguarda il funzionamento delle sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità e coinvolgendo gli Enti bilaterali agricoli territoriali (Ebat), nella gestione del mercato del lavoro e dei trasporti da e per i luoghi di lavoro, così come prevede la legge. Gli Ebat sono enti bilaterali, costituiti contrattualmente dalle parti sociali agricole in quasi tutte le province italiane, dispongono di risorse proprie, gestiscono attività di formazione e sicurezza, erogano prestazioni in materia di welfare e di integrazione al reddito. Gli Ebat, inoltre, detengono l’anagrafica di tutte le aziende iscritte e di tutti i lavoratori occupati e possono quindi svolgere un ruolo centrale, nell’ambito delle sezioni territoriali della Rete, per far incontrare in modo trasparente, domanda e offerta di lavoro. Un modello da prendere ad esempio in questo senso è quello di Agribi, ente bilaterale agricolo di Verona che, nel novembre 2021, è stato accreditato come servizio al lavoro della Regione Veneto, primo caso in Italia.

Cosa pensa del decreto flussi?

Che ha prodotto tanta irregolarità, perché il numero degli ingressi permessi è largamente superiore a quello dei contratti di lavoro effettivamente stipulati, che a noi risultano essere intorno al 10% e poi perché, una volta scaduto il contratto, questi lavoratori diventano automaticamente irregolari, non possono, di conseguenza, trovare un nuovo lavoro e dovrebbero tornare in patria. È necessario quindi superare il decreto flussi ma, prima ancora delle modifiche, che sono allo studio del Governo, occorre sanare le situazioni precarie di quei lavoratori regolarmente entrati in Italia e ai quali è scaduto il contratto di lavoro. Per loro chiediamo il rilascio di un permesso straordinario di otto mesi per attesa lavoro, con il quale possano cercare una nuova occupazione e poi di un nuovo permesso di soggiorno per lavoro subordinato che gli consenta di stabilizzarsi.


A che punto è la questione dei ghetti?

Stiamo chiedendo che i 200 milioni di euro stanziati siano utilizzati correttamente; attualmente il governo è ancora nella fase progettuale. Ma, anche qui, c’è un’altra questione importante da affrontare, legata sia ai ghetti sia alla lotta al caporalato. Il Testo Unico sull’immigrazione prevede il rilascio di un permesso speciale in caso di accertamento dello “sfruttamento in caso di bisogno” per i lavoratori agricoli senza permesso di soggiorno. Purtroppo, il numero di permessi rilasciati a tale titolo si contano sulle dita di una mano… Non bisogna quindi stupirsi della scarsa propensione dei lavoratori migranti, in particolare di quelli irregolari, a denunciare la loro situazione di sfruttamento; facendolo otterrebbero solo un decreto di espulsione dal nostro paese.  

Come si muoverà la Uila nella nuova legislatura europea?


A Bruxelles intendiamo svolgere una funzione di “lobbismo pragmatico” perché c’è bisogno di una strategia chiara e di un’azione forte per perseguire l’obiettivo di una transizione energetica, digitale, ecologica che sia “giusta”. Ci opporremo a scorciatoie dannose come quelle percorse nei settori della pesca, dello zucchero o del tabacco. In particolare, per il settore agricolo, ci impegneremo per difendere il budget destinato al nostro settore, migliorare l’applicazione della condizionalità sociale della PAC, rafforzare il ruolo del sindacato e i diritti del lavoro. Per questo abbiamo partecipato, il 17 settembre a Strasburgo, alla manifestazione indetta da tre federazioni sindacali europee per chiedere una direttiva che limiti e regolamenti il subappalto e l’intermediazione di manodopera, garantendo parità di trattamento e condizioni di lavoro eque e trasparenti per tutti i lavoratori.


Qual è il vostro approccio ai temi della sostenibilità?


Sicuramente è un approccio laico. Siamo fortemente convinti che la sostenibilità debba essere, al contempo, ambientale, economica e sociale e che, se in questa triade non c’è equilibrio perdiamo tutti. In Europa, col Covid gli ultimi, gli agricoltori, i pescatori, gli infermieri, i riders e tutti i lavoratori della filiera alimentare sono diventati essenziali ma, fino a quel momento, la dimensione sociale era all’ultimo posto e il lavoro, in quanto portatore di conoscenza e di sapere, mortificato. L’Europa e le aziende europee, anche quelle agricole, sono quelle che, nel Mondo, hanno fatto i maggiori progressi sul fronte della riduzione delle emissioni inquinanti e del risparmio energetico e le pur giuste e necessarie politiche per contrastare la crisi climatica non devono mettere in ginocchio l’economia europea e non devono perdere di vista la triade della sostenibilità. Il principio della reciprocità dovrebbe essere integrato anche negli accordi di libero scambio; un principio semplice per cui i prodotti importati nei nostri paesi dovrebbero soddisfare gli stessi requisiti in termini di rispetto delle norme sul lavoro, a partire dalle misure contenute nella condizionalità sociale al pari di quelle ambientali e sanitarie. Alla nuova commissione europea, guidata dalla Von Der Leyen chiediamo quindi di salvaguardare il valore della sostenibilità sociale e che, per l’agricoltura, ci sia una transizione giusta, frutto di un’analisi laica che eviti quello che è accaduto in Italia in alcuni settori che sono stati letteralmente distrutti a causa di un approccio ideologico, privo per altro di risultati concreti anche dal punto di vista ambientale.