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ROTA (FAI-CISL): “IL CONTRATTO ALIMENTARISTI APPENA SOTTOSCRITTO E’ UNO STRUMENTO DI COESIONE SOCIALE E DI POLITICA INDUSTRIALE”
Di Letizia Martirano
“Il contratto costruito per gli alimentaristi è di fatto un vero e proprio strumento di coesione sociale e politica industriale: siamo soddisfatti per aver portato al tavolo della trattativa innovazione, pragmatismo e visione”, sottolinea con evidente soddisfazione il Segretario Generale della Fai-Cisl Onofrio Rota all’indomani del rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro dell’industria alimentare siglato dopo sette mesi di trattativa e con un rush finale proseguito per quattro giorni ad oltranza.
In sintesi quali sono i capisaldi di questo contratto?
Il nuovo contratto rappresenta un vero e proprio strumento di coesione sociale e politica industriale. Coesione sociale perché sostiene le famiglie, grazie ai tanti strumenti ampliati di welfare e conciliazione vita-lavoro, pone attenzione alla sicurezza e salute con più occasioni di partecipazione e informazione, rilancia il contrasto a violenza di genere e discriminazioni, riconosce il diritto allo studio, riduce l’orario di lavoro su turni, consolida la previdenza integrativa e agisce sul salario con un aumento mai realizzato prima d’ora nel settore: 280 euro. Al contempo, con un buon contratto si fa anche politica industriale perché si pongono basi a sostegno della crescita economica, dell’occupazione, del lavoro di qualità. E questo è quello che abbiamo voluto realizzare fina dal concepimento della piattaforma unitaria.
Quali sono le priorità sulle quali puntavate per il rinnovo?
Sono quelle che rileviamo ogni giorno confrontandoci con i delegati nelle fabbriche, e spesso sono temi posti anche dalle parti datoriali. Non c’è semplicemente bisogno di una politica salariale, ma di una politica salariale forte da connettere ai bisogni quotidiani dei lavoratori e delle loro famiglie nonché al rafforzamento della competitività e qualità del lavoro. Ecco perché è prioritario valorizzare il capitale umano. Questo vale per tutti i settori ma per l’agroalimentare ancora di più, perché il lavoro delle persone si lega necessariamente anche a questioni fondamentali come la sicurezza alimentare, l’accesso al cibo, la tutela della salute pubblica, a loro volta sempre più dipendenti dalla qualificazione, dall’aggiornamento delle competenze, dalla capacità di governare il cambiamento sociale e le innovazioni tecnologiche, sempre più rapide. Questo scenario era emerso agli occhi di tutti soprattutto durante la pandemia, oggi è un’esigenza condivisa. Non a caso nel contratto hanno un ruolo di primo piano tutti i capitoli dedicati alla formazione, alle competenze, alla sicurezza, alla partecipazione, a una buona flessibilità organizzativa che non si traduce in precarietà, anzi la riduce notevolmente, come nel caso del passaggio dal 50 al 25% dei contratti a termine, somministrati e in staff leasing. Se un settore è strategico, va supportato come tale.
Nell’accordo si parla molto anche di bilateralità….
E dobbiamo esserne orgogliosi, perché la bilateralità gioca un ruolo strategico su più fronti. Noi abbiamo puntato a rafforzarla fin dall’impianto di fondo del contratto, per garantire relazioni sindacali e industriali più continuative e partecipative: le relazioni fanno bene al lavoro e ai lavoratori se sono coltivate anche tramite le tante buone cose che si possono fare tra un rinnovo contrattuale e l’altro, in quel “prima” e “dopo” gli accordi. L’ente bilaterale di settore è una scommessa vincente. Andremo a valorizzarlo anche nelle politiche per le pari opportunità.
Come può contribuirvi l’ente bilaterale?
Ad esempio prevediamo un fondo specifico dell’ente che andrà a integrare le altre misure già previste, sia per contratto che dalle norme e dall’Inps, per le donne vittime di violenza. Poi giocherà un ruolo importante anche in tante attività di analisi, di proposta e di divulgazione. Anche su questi temi siamo riusciti ad alzare l’asticella della qualità contrattuale.
La precedente negoziazione aveva registrato una spaccatura del fronte datoriale, questa volta è stato più facile?
Nessun tavolo contrattuale è facile, in particolare se tre sigle sindacali devono contrattare con 14 associazioni di imprese, ma è doveroso costruire valide sintesi, altrimenti faremmo un altro mestiere. Con Flai e Uila, nonostante le tante diversità, abbiamo lavorato con armonia e senso di responsabilità, e il risultato lo testimonia. Sicuramente anche per le parti datoriali non è stato facile ma evidentemente è prevalso un approccio responsabile e di sano pragmatismo che vanno assolutamente apprezzati, così come vanno riconosciute le competenze di chi ha condotto le negoziazioni in rappresentanza delle imprese. Comunque avevamo ragione noi quando affermavamo che il contratto dell’industria alimentare non ha bisogno di essere disgiunto. Le specificità settoriali ci sono e sono state riconosciute adeguatamente, siamo riusciti a dimostrare che possono stare benissimo nella cornice unica del contratto nazionale. In Italia non abbiamo certo bisogno di moltiplicare contratti, ma semmai di contrastare dumping e lavoro irregolare, e anche in questo senso con l’accordo abbiamo lanciato un gran bel messaggio al Paese.