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“dal concentrato di pomodoro cinese al riso indiano, fino ai gamberetti tailandesi. sono diversi i cibi che entrano nel nostro paese su cui grava l’accusa di essere ottenuti dall’utilizzo del lavoro forzato e per questo e’ importante la decisione dell’unione europea di vietare l’accesso al mercato comunitario alle merci ottenute da una moderna forma di schiavitu’. fenomeno che riguarda oltre 26 milioni di persone in tutto il mondo, tra cui minori”, afferma la coldiretti commento dell’accordo raggiunto da parlamento e consiglio ue sul regolamento che vieta l’immissione e la messa a disposizione sul mercato dell’unione dei prorotti ottenuti attraverso il lavoro forzato. un comunicato stampa della coldiretti sottolinea che “l’intesa introduce modifiche significative alla proposta originaria, chiarendo le responsabilita’ della commissione e delle autorita’ nazionali competenti nel processo investigativo e decisionale. la decisione finale – vietare, ritirare e smaltire un prodotto realizzato con lavoro forzato – sara’ presa dall’autorita’ che ha condotto l’indagine. nel caso in cui la decisione sia presa da un’autorita’ nazionale si applichera’ in tutti gli altri stati membri sulla base del principio del reciproco riconoscimento”. secondo un’analisi della coldiretti sui dati del dipartimento del lavoro usa, “tra i prodotti agroalimentari coltivati o trasformati grazie al lavoro forzato di adulti e bambini ci sono anche peperoncini dal messico, riso dal mali, castagne dal peru’, pesce dalla thailandia, dall’indonesia e dalla cina, canna da zucchero dal brasile”. “cibi che -osserva coldiretti – finiscono sugli scaffali dei supermercati italiani o europei invasi dalle importazioni di prodotti extracomunitari che fanno concorrenza sleale ai produttori agricoli e mettono a rischio la salute dei consumatori”. “abbiamo piu’ volte sollecitato l’unione europea a bloccare le importazioni di prodotti alimentari ottenuti dallo sfruttamento”, afferma il presidente della coldiretti ettore PRANDINI che sottolinea la necessita’ che “dietro tutti i cibi che arrivano sulle tavole ci sia un percorso di qualita’ che riguarda la tutela dei minori, oltre che del lavoro, dell’ambiente e della salute. facendo valere il principio di reciprocita’ su tutti gli accordi commerciali”.