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“frankfurter allgemeine” ha pubblicato un reportage sulla protesta degli agricoltori, a partire dalla realta’ di una azienda agricola familiare della westfalia, con 240 ettari di terreno, 280 mucche e 150 vitelli. nel pezzo vengono intervistati alcuni esperti. peter BREUNIG, economista specializzato in questioni agricole, sottolinea il senso di insicurezza degli operatori agricoli, che hanno l’impressione che ogni anno si aggiunga una nuova tassa o venga ridotta una sovvenzione. in questo contesto, dice BREUNIG, va tenuto conto che le decisioni del governo tedesco sono soltanto uno dei due livelli della questione: il livello decisivo e’ quello europeo. e’ qui che e’ stato stabilito di abolire le sovvenzioni a tappeto e obbligare le aziende agricole a lasciare incolto il 4 per cento della loro superficie. per BREUNIG, inoltre, la perdita rappresentata per i coltivatori dall’abolizione delle sovvenzioni per il gasolio si aggira sui 430 milioni all’anno, pari a una quota dal 2 al 5 per cento dei profitti degli agricoltori. a suo giudizio, le aziende agricole non rischiano di chiudere a causa della fine della sovvenzione diesel; tuttavia, sostiene BREUNIG, poiche’ l’agricoltura pesa per l’1,5 per cento dell’intero bilancio dello stato, la misura non e’ equa. lo sarebbe, se pesasse 200-300 milioni. e’ anche vero, pero’, non ha piu’ senso sovvenzionare l’uso di energie fossili in agricoltura. l’altro esperto intervistato, rolf HEINZE, sociologo dell’universita’ di bochum, si dice sorpreso del vasto consenso espresso nella societa’ verso la protesta degli agricoltori. l’appoggio da parte di spedizionieri e artigiani gli ricorda per certi versi la protesta dei gilet gialli in francia, ma non crede che in germania ne possa nascere un vasto movimento di protesta.