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Di Letizia Martirano
12143 – roma (agra press) – Il presidente di legacoop agroalimentare Cristian Maretti tratteggia, in questa intervista, la situazione nei settori della pesca e dell’agricoltura a un anno dall’insediamento del governo Meloni ed in vista del rinnovo del parlamento europeo e della commissione.
Cosa si puo’ dire delle misure e soprattutto i fondi a disposizione della pesca?
Nel settore della pesca registriamo una situazione difficile, anni di riduzione di sforzo di pesca determinano un settore importante dell’alimentare in gran parte dipendente dalle importazioni, anche extra UE. Inoltre questa situazione attanaglia anche il futuro per cui l’imprenditore della pesca non investe piu’, manca il ricambio generazionale e quindi le misure piu’ attese del prossimo programma comunitario per la pesca riguardano la rottamazione delle imbarcazioni. Quasi un cane che si morde la coda.
Attualmente come vengono spesi i fondi strutturali?
I fondi strutturali, che andrebbero destinati a potenziare la flotta nelle caratteristiche richieste dalla transizione ecologica, in realta’ a causa dell’eccessiva rigidita’ delle condizioni di utilizzo si usano anche per fronteggiare le emergenze come il caro gasolio derivato dall’invasione dell’Ucraina. D’altra parte, le regioni in alcuni casi, non sono in grado di spendere le risorse assegnate loro dal ministero.
Quali sono le regioni piu’ in difficolta’?
Al momento non sappiamo quali siano quelle piu’ in difficolta’. Lo sapremo presto. Attualmente il Feamp e’ in regime di “n+3”. La scadenza e’ il 31 dicembre di quest’anno. Al momento non sappiamo neppure quanti soldi non spesi dovremo restituire all’Unione Europea. Sia chiaro: avvicinare il potere decisionale ai cittadini come si e’ tentato di fare durante la stagione del decentramento e del federalismo e’ una cosa positiva che non va rinnegata perche’ ci sono esempi regionali di grande capacita’ e qualita’ della spesa, ma esiste una “parolina” che si chiama sussidiarieta’, che deve prevedere, per chi non e’ capace, l'”aiutino” statale. A prescindere dal colore politico coinvolto.
In questi mesi si e’ parlato molto di acquacoltura che prospettive ci sono per questo settore?
L’acquacoltura ha grandi prospettive ma il futuro e’ pieno di incognite anche per i danni provocati dal granchio blu in importanti aree vocate a questa attivita’ e a fronte di una diffusione eccezionale non siamo ancora riusciti con gli strumenti e le risorse di una gestione ordinaria a metterlo sotto controllo. Un intero comparto rischia la chiusura.
Quanto preoccupano queste specie e come si sta modificando il prelievo?
Tutta la pesca risente della invasione di specie aliene e del fatto che con il riscaldamento dei mari il prelievo di alcune specie si sta spostando verso nord. Inoltre va detto che dopo trent’anni di riduzione della nostra flotta peschereccia, su alcuni stock di pesca non si registrano particolari benefici, come confermano alcuni studi. Forse e’ il caso che gli organismi internazionali che sovraintendono questo settore comincino a guardare il settore con occhi nuovi, o cambiando gli occhiali che vedono il pescatore nella lista dei cattivi, mentre e’ il primo attore di un’accorta gestione della risorsa.
Il Governo in carica si sta comportando bene?
Intanto registriamo che dal punto di vista “filosofico” pescatori, acquacoltori e agricoltori vengono ritenuti i custodi del patrimonio in terra e in mare e non gli sfruttatori. Rispetto ai precedenti esecutivi, c’e’ una dichiarata maggiore omogeneita’ politica e a un anno dall’insediamento del Governo Meloni, possiamo dire che il cambiamento che registriamo e’ che a Bruxelles l’Italia ha votato da sola contro una serie di norme non positive per il settore agroalimentare e pesca. L’auspicio, ora, e’ che si creino alleanze, a partire da quelle con i paesi del Mediterraneo, per ottenere un’inversione di tendenza rispetto alle scelte della Commissione Europea. Riteniamo indispensabile, ai fini dell’efficacia dell’azione, che venga rafforzata la rappresentanza italiana a Bruxelles.
Come vede il futuro?
Su molte scelte pesa l’incognita delle elezioni europee considerando che il grosso delle partite che ci riguardano si gioca nell’Unione. Ci piacerebbe avere un commissario solo per la pesca e non associato all’ambiente o, casomai, un commissario per l’agricoltura e la pesca. Ripeto sarebbe importante un rafforzamento della rappresentanza italiana per sostenere le scelte politiche del nostro paese. Sarebbe anche piu’ facile per le nostre rappresentanze datoriali e sindacali a Bruxelles fare gioco di squadra per gli interessi italiani.
L’agricoltura la preoccupa?
Per colpa dell’andamento meteorologico e di diverse patologie delle piante il 2023 e’ uno degli anni peggiori a prescindere dagli eventi estremi come l’alluvione in Romagna o le numerose trombe d’aria in tanti altri territori: basti pensare all’ortofrutta e al vino, ai suini o al crollo della produzione del miele. In alcuni casi l’essersi privati di presidi sanitari per le piante non e’ stata una buona cosa perche’ le variazioni di clima impongono scelte multi strumentali. Lo dico consapevole del grande lavoro che le cooperative stanno facendo sulle tecniche all’avanguardia nell’agricoltura di precisione e nelle tecniche agronomiche a maggiore sostenibilita’. Poi c’e’ la grande sofferenza ed il riposizionamento nei consumi alimentari che preoccupa moltissimo le cooperative perche’, tra cali produttivi e aumento dei costi, spesso sono accusate di “speculazione”, ma in realta’, se vogliono chiudere bilanci in ordine e remunerare il prodotto dei soci non hanno alternative ad adeguare i loro prezzi di vendita.
Vi soddisfa l’azione del ministro Lollobrigida?
Legacoop agroalimentare ha avuto l’onore di essere stata tra le prime associazioni ad ospitare il ministro alla propria assemblea del 2022. Abbiamo ascoltato le sue parole senza alcun pregiudizio e osservato le azioni cercando di capirne il merito e la strategia. Apprezziamo che Lollobrigida abbia impostato il suo lavoro in una visione complessiva del suo ministero avviando un confronto con altri ministeri in particolare con il Mimit, con quello dello sport e quello della cultura per promuovere la cucina italiana come patrimonio dell’UNESCO, ma noi abbiamo fondamentale necessita’ di un tavolo di confronto con il Ministero della Sanita’ e con quello dell’ambiente. Come auspicavo prima, credo che questo possa portare anche a maggior capacita’ di ottenere risultati a Bruxelles. L’agenda degli impegni e delle emergenze e’ parecchio fitta, ma mi pare che al ministro non manchi la motivazione e la voglia di entrare nel merito dei problemi. Nei prossimi 4 anni di governo vedremo i risultati. Su un argomento pero’ non ci sono 4 anni per attendere risultati, ed e’ l’alluvione di maggio prima ricordata: su questa emergenza non c’e’ stata prontezza nell’individuare il commissario e oggi, nell’imminenza dell’uscita dell’ordinanza sulla ricostruzione, siamo molto preoccupati che chi ha subito danni da milioni di euro venga dimenticato dopo che la maggior parte degli alluvionati beneficera’ del contributo fino a 40.000 euro. Chi, in quelle giornate, si e’ guadagnato in alcuni casi perfino l’appellativo di Eroe perche’ con il proprio sacrificio ha salvato intere citta’ non puo’ venire accantonato in attesa di tempi migliori della finanza pubblica.
Il governo considera adeguatamente il ruolo della cooperazione?
In questo anno non ho visto particolari criticita’, ma credo che nella narrazione del Masaf la cooperazione dovrebbe trovare piu’ spazio, siamo una forza economica radicata nel territorio, che e’ progressivamente cresciuta e che vuole crescere ancora. Abbiamo l’interesse degli agricoltori e dei pescatori nello statuto e non solo nelle ragioni di scambio. Per un settore nel quale tanti privati vogliono vendere, perche’ stare sul mercato e’ sempre piu’ complicato in termini di competenze e di dimensioni, possiamo offrire delle soluzioni, affiancando gli strumenti finanziari strategici di sistema per non perdere pezzi di produzione molto pregiati. La cooperazione agroalimentare inoltre puo’ interfacciarsi su tanti altri problemi produttivi che affliggono i soci, dall’assistenza tecnica avanzata alla valorizzazione delle risorse umana, quindi molti problemi potrebbero essere risolti proprio dalle cooperative.
Molto del cibo che arriva sulle nostre tavole e’ raccolto da immigrati cosa pensa?
Come dicevo prima il tema del lavoro e’ un tema molto caro alla cooperazione. Gli immigrati sono indispensabili e lo sa bene anche il Governo che ha previsto quasi 450.000 ingressi in tre anni, ma andrebbero formati nei rispettivi paesi, per acquisire competenze linguistiche e professionali adeguate. Una volta giunti qui dovrebbe essere consentito il ricongiungimento con le loro famiglie senza troppi problemi perche’ questo facilita l’integrazione. Per esempio Legacoop Emilia-Romagna ha gia’, con fondi del ministero dell’interno realizzato un progetto per 350 cittadini stranieri dell’Albania, della Costa d’Avorio, del Gambia e del Senegal da formare a “casa loro” sia sul fronte dell’apprendimento della lingua sia della conoscenza del contesto socio economico italiano. Questi progetti vanno incrementati e supportati non solo per avere un beneficio nel nostro settore, ma per tutta l’economia italiana in un quadro di sicurezza e tranquillita’ sociale.