EMISSIONI INDUSTRIALI: FINI (CIA), BENE VOTO COMAGRI AUSPICHIAMO STESSO PARERE DA COMMISSIONE ENVI

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“e’ ingiusto e scorretto equiparare la zootecnia a settori altamente industrializzati. per questo e’ assolutamente positivo il parere della commissione agricoltura del parlamento ue, che a larga maggioranza ha escluso gli allevamenti bovini dalla nuova direttiva europea sulle emissioni industriali, e ha eliminato ulteriori oneri per suini e pollame, recependo anche le nostre istanze”. lo afferma in un comunicato cia-agricoltori italiani, auspicando che “ora la commissione ambiente, competente in materia, tenga nella dovuta considerazione la decisione della comagri in occasione del voto a fine maggio”. “gli agricoltori sono continuamente impegnati a ridurre l’impatto ambientale delle loro attivita’ con pratiche sostenibili, tanto che oggi in europa l’incidenza degli allevamenti sulle emissioni complessive si colloca tra il 7% e il 10%”, rileva il comunicato, nel sottolineare che “ancora meglio fa l’italia, dove le emissioni di co2 della zootecnia rappresentano il 5,2% del totale”. eppure “la revisione della direttiva ue non tiene conto ne’ degli sforzi costanti delle aziende agricole per impattare sempre meno sul clima, ne’ del fatto che le emissioni degli altri settori industriali sono molto diverse rispetto a quelle della produzione agricola, che svolge una pluralita’ di funzioni primarie: assicura derrate alimentari ai cittadini, preserva biodiversita’ e territori, crea valore per le aree rurali e marginali”, osserva il presidente nazionale di cia, cristiano FINI. ecco perche’, “cia continuera’ a lavorare nelle prossime settimane con gli europarlamentari della commissione ambiente per fare in modo che le nostre richieste e preoccupazioni siano accolte”, aggiunge FINI, che conclude: “ribadiamo la piena necessita’ di tenere fuori gli allevamenti dalla proposta di revisione della direttiva sulle emissioni industriali, altrimenti si rischia la chiusura e il fallimento di tantissime stalle. compromettendo, tra l’altro, la capacita’ di approvvigionamento comunitario e aumentando l’import da paesi terzi dove le regole sono meno rigorose di quelle ue, sul fronte della sicurezza alimentare ma anche ai fini della sostenibilita’ ambientale”.