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nella lomellina, in provincia di pavia, l’acqua per irrigare scarseggia piu’ che altrove e piu’ si va verso sud, verso l’asta del po, piu’ la situazione peggiora, denuncia riccardo BRAGGIO, risicoltore di zeme con un’azienda di famiglia di 200 ettari a riso, un piccolo allevamento di 80 bovine e 20 ettari a mais e qualche prato per la loro alimentazione. “qui la situazione e’ piu’ complessa che altrove perche’ sebbene la ripartizione del consorzio sia uguale per tutti, qui che siamo sui terminali delle derivazioni idriche di acqua ne arriva meno”, spiega BRAGGIO. l’ipotesi e’ che ci sia chi fa prelievi notturni non autorizzati per salvare le proprie colture, ma alla fine della campagna, che quest’anno sara’ anticipata visto il caldo che accelera il ciclo vegetativo delle piante, i fatti emergeranno guardando dove la siccita’ avra’ colpito meno duramente”, sospetta BRAGGIO. “ho gia’ il 20-30% di riso appassito; servirebbero almeno 20 giorni un mese di mini disponibilita’ idrica per poter avere un po’ di produzione”, aggiunge il risicoltore, che continua spiegando che “piu’ a sud – dove sono in posizione piu’ terminale di noi – c’e’ chi ha gia’ le piante morte”. “in questo caso il danno e’ del 100% perche’ non c’e’ alcuna copertura assicurativa e quindi nessun indennizzo, a fronte degli input investiti per la semina, ai prezzi alti di quest’anno”. BRAGGIO e’ convinto che questo sia solo l’inizio di uno tsunami che intacchera’ tutta la filiera anche se in tempi diversi. “per questo serve tempestivita’ di azione, ma per ora le risposte sono state poche”. occorre anche guardare in prospettiva, indagando e programmando interventi per il futuro, altrimenti la lomellina, dove da secoli si coltiva il riso, dovra’ tornare alle colture autunno-vernine. “ci sono sistemi per ricaricare acqua nella falda, come la sommersione invernale delle risaie, che finora e’ stata una misura ambientale, ma che insieme ad altre tecniche deve diventare una pratica agricola se vogliamo mantenere un equilibrio”. se il riso soffre, il mais non sta meglio e a farne le spese sono soprattutto gli allevamenti. visto il mancato approvvigionamento di mais dall’ucraina e la riduzione delle produzioni nazionali a causa della siccita’, c’e’ il rischio che entrino in competizione tra loro allevatori e gestori dei digestori anaerobici che utilizzano silomais come biomassa. “serve diversificare e io per fare foraggi utilizzo anche le cover crop”, sottolinea BRAGGIO, che aggiunge: “aspettiamo lumi da qualcuno, ma le organizzazioni vanno ognuna con la propria bandiera e ora c’e’ pure la crisi politica. alla fine chi non ce la fara’ uscira’ dal mercato”, conclude BRAGGIO.