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“gli effetti del caro gasolio, nella pesca, continuano a destabilizzare un settore in enorme difficolta’”, afferma un comunicato stampa congiunto di fai cisl, flai cgil e uila uil pesca, che precisa: “le misure contenute del decreto energia di marzo avevano dato qualche speranza ai lavoratori imbarcati ed alle imprese. ad oggi, queste speranze sono svanite perche’ nulla e’ arrivato e la situazione sta velocemente precipitando. in questi giorni, molte imprese hanno dichiarato di voler disarmare le imbarcazioni e di voler licenziare i loro dipendenti. parliamo di 25.000 lavoratori che rimarrebbero senza reddito e senza lavoro”. “fai, flai e uila pesca comprendono lo stato di disagio e di difficolta’ nel quale si trovano le imprese, causato in gran parte dal consistente incremento del costo del carburante, ma non condividono la soluzione proposta, o comunque minacciata, che va verso un vero e proprio massacro sociale”, sottolinea il comunicato. “fai, flai e uila pesca, inoltre, evidenziano, in una situazione di difficolta’ come quella attuale, l’estrema necessita’ di un ammortizzatore sociale che possa sostenere, in maniera strutturale, il reddito dei lavoratori”, spiega il comunicato, nell’evidenziare che “purtroppo, la cisoa pesca e’ allo stato attuale una scatola vuota: e’, infatti, inutilizzabile per i lavoratori e rappresenta un ulteriore costo per le imprese che da gennaio di quest’anno hanno cominciato a pagare”. “chiediamo al governo, dopo mesi di attesa e forti sollecitazioni, un immediato intervento economico a sostegno del settore e di rendere la cisoa pesca effettivamente adeguata ed utilizzabile, al fine di garantire la continuita’ occupazionale, il reddito delle imprese ed evitare cosi’ il blocco dell’attivita’ di uno dei comparti essenziali del nostro paese”, afferma il comunicato. “la pesca, come tutto il nostro agroalimentare, rappresenta uno dei settori strategici per gli obbiettivi di sicurezza alimentare nazionale, ancora piu’ evidente in tempi di pandemia e di guerra, non e’ accettabile che questo bene collettivo rischi di scomparire, magari favorendo l’ulteriore ingresso di prodotti importati sui nostri mercati e trasformando i pescatori in una specie a rischio d’estinzione”, conclude il comunicato.