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“nell’anno apistico peggiore di sempre l’italia ha gli alveari vuoti, ma anche i magazzini di scorta stentano a riempirsi”, rende noto la fai-federazione apicoltori italiani, aderente a confagricoltura, sulla base “dell’analisi dei dati istat del primo semestre 2021, con importazioni che tendono al ribasso e scendono a 8.550.990 kg”, precisa la fai. “si conferma cosi’ l’andamento su base annua del 2020, con l’import in calo nell’ultimo triennio e il miele straniero transitato alle nostre dogane ridotto da 27.874.961 a 22.303.640 kg (-20%)”, afferma la fai, che prosegue: “da sottolineare che l’85% del miele acquistato da operatori commerciali e confezionatori italiani risulta di provenienza europea (ue a 27 stati membri), ma non e’ detto che sia stato anche prodotto nei paesi dichiarati d’origine”. “meta’ di quello che mangiamo e’ miele che proviene dall’ungheria, che si consolida come nostro primo partner commerciale: il prodotto sdoganato come magiaro e’ costato circa 15 milioni di euro a fronte dei primi 4.239.445 kg di quest’anno, vale a dire 3,5 euro/kg”, spiega la fai, che aggiunge: “tra i paesi europei si fa notare anche la spagna, nostro secondo partner europeo, che raddoppia il quantitativo esportato in italia, sfiorando i 700.000 kg, per un controvalore di 1.840.255 euro, pari a 2,6 euro/kg”. “crolla, infine, l’import di miele dalla cina che si ritrova per ora declassata al terzo posto nella lista dei fornitori extra-europei di miele all’italia; ucraina e serbia viaggiano ormai su quantitativi ben superiori ai 314.070 kg del miele proveniente dal paese del dragone, nonostante il modico costo di 1,38 euro/kg”, rileva la fai, che evidenzia: “un quadro sempre piu’ complesso, difficile da decifrare e dietro il quale si potrebbe nascondere la pratica della nazionalizzazione di miele cinese venduto per europeo”. “situazione che vede comunque l’italia stretta in una morsa che rischia di rivelarsi fatale per i nostri apicoltori: costretti a competere in un mercato dove scarseggia la materia prima, i reali costi di produzione non vengono riconosciuti, si legittimano sistemi produttivi sleali se non addirittura illegali”, sottolinea la fai, che conclude: “condizioni che, nel protrarsi di annate improduttive come quella del 2021, potrebbero innescare abbandoni di massa nel segmento dell’apicoltura da reddito”.